John Batelle, fondatore di FM, in questo post (un pò datato ma sempre all’avanguardia) si chiede qual è il modello economico alla base del marketing conversazionale?

Se la maggior parte di chi scrive online (i cosidetti blogger) lo fa per passione e viene letta perché i contenuti e le conversazioni che permettono di sviluppare vengono ritenute dagli utenti utili ed interessanti, come faranno i marketers ad attirare l’attenzione dei consumatori in modo da garantirsi la continuità di queste conversazioni?

L’autore cerca di rispondere sostenendo che il marketing conversazionale è solo la punta dell’iceberg di un processo di cambiamento in cui chi fa business sta cominciando a conversare con i suoi interlocutori: clienti, partner e dipendenti. Ma sebbene sia sempre più diffusa l’idea che stiamo entrando nell’era della “conversation economy”, affinché essa si realizzi è necessario che i marketer comprendano la grammatica del marketing conversazionale.

John Batelle nel suo post presenta anche diversi esempi di azioni di marketing conversazionali che hanno avuto successo, (e che dunque hanno utilizzato la “grammatica” giusta!) tra i quali:

Wired che è stato capace di presentare la pubblicità usando un linguaggio caro ai suoi lettori, perché i messaggi proposti si basano su una grammatica condivisa tra l’azienda, i lettori e i pubblicitari;

Boing Boing che è riuscito ad ottenere un bion ritorno economico dai suoi 500.000 visitatori al mese;

Cisco che, prima di lanciare una campagna pubblicitaria con il claim “the human network”, ha costruito un sito nel quale sviluppare una conversazione tra esperti ed utenti per ottenere una definizione condivisa del concetto di “human network”.

Concludiamo rimandando ad un post di Sally Falkow che spiega come i pubblicitari che usano il marketing conversazionale per parlare con i loro lettori (e ottenere feedback da loro) non fanno altro che realizzare efficaci azioni di pubbliche relazioni.